Modelli «231» con autoriciclaggio

Penale

Modelli «231» con autoriciclaggio

di Rosanna Acierno

 

 

L’introduzione nel nostro ordinamento giuridico, dal 1° gennaio 2015, del nuovo reato di autoriciclaggio (legge 186/2014 )impone alle società di adeguare i propri modelli organizzativi. Questa nuova fattispecie di reato, infatti, è stata inclusa nel cosiddetto “catalogo” dei reati previsti dal Dlgs 231/2001, determinando così una possibile responsabilità amministrativa in capo all’ente che lo commette.

Pertanto, in caso di reati tributari eventualmente consumati dalla società, o dall’ente in genere, è molto probabile incorrere anche nel nuovo delitto di autoriciclaggio qualora, ad esempio, i proventi derivanti dall’evasione fiscale (o il risparmio di imposta generato da dichiarazioni infedeli) siano impiegati in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.

Partendo, dunque, dal presupposto che l’ente sia già dotato di un proprio modello di organizzazione, lo stesso dovrà provvedere al solo aggiornamento. L’adeguamento del modello dovrà avvenire, stante l’importanza che lo stesso ricopre come circostanza esimente dell’eventuale configurazione di responsabilità, in tempi brevi e in maniera puntuale, soprattutto in presenza di reati tributari commessi in passato.

Nel caso in cui, infatti, negli anni scorsi la società sia incorsa in uno dei reati tributari (quali, ad esempio, il reato di dichiarazione infedele o fraudolenta), sussiste un elevato rischio di incorrere nella consumazione del nuovo reato di autoriciclaggio, anche qualora il trasferimento o l’impiego dei proventi derivanti dall’evasione fiscale in attività economiche avvenga dopo il 1° gennaio 2015 (data di entrata in vigore del nuovo reato di autoriciclaggio).

Si dovrà trattare, dunque, non solo di un aggiornamento di tipo formale, ma anche e soprattutto sostanziale al fine di poter far fronte alle numerose fattispecie di reato che possono costituire il presupposto dell’autoriciclaggio.

In sostanza, l’attività di revisione non si potrà limitare alla mera introduzione, nella parte speciale dei modelli, del nuovo reato, ma dovrà coinvolgere, preliminarmente, l’identificazione delle aree a rischio per la sua commissione.

Terminata la prima fase di aggiornamento, si dovrà poi operare una valutazione del rischio. Tale attività è necessaria per individuare le esigenze di adeguamento procedurale. L’adeguamento, che avviene mediante la composizione di nuovi protocolli di controllo (o eventualmente mediante il loro aggiornamento), è volto a mitigare e/o eliminare il rischio. Ovviamente, tutte le predette modifiche dovranno divenire parte integrante di ogni singolo documento che costituisce il modello (codice etico, regolamento dell’organismo di vigilanza, protocolli e sistema di formazione).

Sarà, dunque, opportuno procedere per stadi al fine di definire una mappatura delle aree a rischio, una mappatura documentata delle potenziali modalità di commissione degli illeciti nelle aree a rischio e, infine, costruire (o adeguare, se già esistente) il?sistema di controllo?preventivo. A tal fine, occorre svolgere il cosiddetto process assessment, ossia la rilevazione dei processi che costituiscono il sistema di controllo interno, e solo dopo il cosiddetto risk management, ossia la gestione e misurazione del rischio. In sostanza, mediante le predette attività, occorrerà individuare e analizzare i processi e le attività cosiddette sensibili nel cui ambito è più probabile che vengano commesso il nuovo reato di autoriciclaggio.

È necessario poi eseguire una ricognizione delle funzioni apicali e strategiche, individuando dei soggetti che, in base al ruolo, alla funzione e alla responsabilità, hanno una conoscenza e/o risultano “coinvolti” nelle aree/attività sensibili, nonché una ricostruzione del sistema dei processi aziendali, con particolare attenzione alla struttura dei controlli e delle fattispecie legali presenti nella storia della società. Infine, l’ultima fase propedeutica all’aggiornamento del modello organizzativo è l’analisi della probabilità che venga commesso il nuovo reato, l’impatto dell’evento e il conseguente piano di risposta al rischio.

 

Fonte: Il Sole 24 ORE

21 Gennaio 2015