Quadro introduttivo generale
Il riciclaggio è un reato posto in essere per reinserire nel circuito economico il profitto di altri reati. Rientrano nel riciclaggio la sostituzione o il trasferimento di denaro con altro denaro, nonché il compimento di altre operazioni tese ad ostacolare l’identificazione della provenienza dello stesso da attività illecite. Se a porre in essere tali attività è chi ha commesso il reato sottostante, si configura il reato di autoriciclaggio.
Il riciclaggio costituisce un “ponte” tra la criminalità e la società civile: tutelare il sistema economico significa, in primo luogo, impedire il reinvestimento nel processo produttivo delle ingenti somme di capitali “sporchi” prodotti dalla criminalità organizzata, intercettandoli nel momento del loro contatto con il sistema bancario e finanziario.
Si tratta, dal punto di vista dottrinale, di un reato “plurioffensivo” perché lede più beni giuridici contemporaneamente: investe l’ambito patrimoniale, l’interesse all’accertamento dei fatti, inquina l’economia ed il mercato, destabilizza l’affidabilità degli intermediari finanziari e falsa gli equilibri della libera concorrenza.
Per tutte queste ragioni l’ordinamento giuridico internazionale, e quello nazionale che dal primo trae origine, prestano la massima attenzione alla prevenzione e al contrasto del fenomeno del riciclaggio, che è intrinsecamente connesso al finanziamento del terrorismo.
Cornice Normativa
La cornice normativa internazionale in materia di antiriciclaggio è costituita da un’articolazione di fonti rappresentata da standard internazionali, norme europee e convenzioni.
Le regole dell’Unione Europea in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo hanno recepito, nel tempo, l’evoluzione dei principi internazionali, con l’obiettivo di realizzare un ambiente normativo armonizzato tra gli Stati membri.
L’impegno antiriciclaggio europeo risale ai primi anni ’90 e si è riflesso, nel corso del tempo, in cinque Direttive e diversi altri provvedimenti.
L’ordinamento italiano contiene diversi presidi volti a consentire la sicura tracciabilità dei flussi finanziari, attraverso:
– l’individuazione di organi pubblici preposti al settore;
– la costante collaborazione, interna e internazionale, tra tali organi;
– la previsione di obblighi (ed eventuali sanzioni) a carico di operatori qualificati (quali banche, finanziari, revisori legali, tra gli altri), tenuti, tra le altre cose, a identificare clienti e titolari effettivi nonché a segnalare le operazioni sospette, vale a dire le transazioni a contenuto finanziario, formalmente lecite, ma caratterizzate da elementi che inducono a ritenere che costituiscano modalità di riciclo o di reimpiego.
La cornice legislativa nazionale antiriciclaggio è oggi rappresentata dal Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, da ultimo modificato dal D.Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125, e dalle relative disposizioni di attuazione emanate dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, dall’UIF – Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia e dalle Autorità di Vigilanza di settore, sulla base delle rispettive competenze.
Per approfondire il tema dell’Antiriciclaggio è disponibile il documento di AICOM.